processo
Roma, fugge dall’ospedale e si toglie la vita: due medici condannati
Sant’Eugenio, otto e sei mesi di reclusione per la morte di Laura Baglioni, l’accusa: terapie inadeguate. La donna aveva tentato di togliersi la vita 25 volte
Terapia inadeguata e servizio di sorveglianza inefficace. Con quest’accusa due medici del Sant’Eugenio, Aristide Costa e Gennaro Cardone, sono stati condannati rispettivamente a otto e sei mesi di reclusione per la morte di Laura Baglioni, suicidatasi a 32 anni nel gennaio del 2012 dopo che già aveva tentato di togliersi la vita per venticinque volte.
La data esatta della morte rimane un mistero. La certezza è che Laura, affetta da una grave forma di depressione, scappa il 12 dicembre del 2011 dall’ospedale, dove è in cura da mesi. Subito scattano le ricerche, che però non approdano a nulla. L’illusione di trovarla viva termina il 20 gennaio, quando la donna viene rivenuta morta nei pressi del ponte Marconi.
L’esito del processo è stato l’ultimo capitolo di un dramma cominciato nel 2005, quando Laura è sopraffatta dal demone della depressione. La ragazza allora ha venticinque anni e davanti a se sembra avere un’esistenza normale. Anzi la giovane è dotata di un’intelligenza vivace. A ventitré anni si laurea con il massimo dei voti. Subito comincia a lavorare. Qualcosa, però, nel suo equilibrio va in frantumi. Prima si dimette dal lavoro, poi crolla mentalmente. Per quale motivo non è mai stato chiarito. A corroderla è una forma di depressione violenta che la spinge a cercare la morte già nel 2005. Per fortuna fallisce.
Poche settimane dopo ritenta però il suicidio. I genitori la portano in cura, le sono somministrati farmaci ma tutto è inutile. Laura escogita ogni volta un modo diverso per togliersi la vita. E cosi diventa inevitabile il ricovero al Sant’Eugenio, ospedale che dispone di un reparto psichiatrico adeguato alle esigenze della ragazza. Laura però continua in modo maniacale a volere la morte. Finche ci riesce fuggendo dall’ospedale. La fuga, secondo l’accusa rappresentata dal pubblico ministero Lina Corbeddu, avviene però perché i due medici non avrebbero approntato un sistema di sorveglianza adeguato, né le avrebbero prescritto medicinali adatti a curare il suo stato. Sono stati invece assolti sette infermieri e altri tre medici del nosocomio.
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